31 dicembre 2016

BEST 2016 (ALBUM)



10

Starry Eyed Cadet – Places We Don’t Belong
Consapevolmente indie pop fino al midollo, la band californiana traccia in nove canzoni una dettagliata mappa del genere, nostalgica e vitale al tempo stesso: una vera enciclopedia twee in miniatura. 


9

Free Cake For Every Creature – Talking Quietly Of Anything With You
Lo-fi che più di così non si può (chitarra, basso e batteria, registrazioni da cameretta), le canzoni gentilmente uptempo di Katie Bennett – due minuti la durata media – hanno un potenziale melodico, spontaneo, obliquo e vagamente stralunato, che è una bomba. 

8
Japanese Breakfast - Psychopomp
Concept album sulla perdita della madre, il disco di Michelle Zauner è senz’altro uno strano oggetto, un’altalena emozionale che utilizza il linguaggio indie pop con un esplicito scopo catartico, tra denso intimismo e inattesi crescendo melodici.


7
Fear Of Men – Fall Forever
Il difficile seguito di un capolavoro come “Loom” è, per l’appunto, un album volutamente più difficile, a tratti intangibile nella sua algida perfezione sonora. Tuttavia tutto ciò che tocca Jessica Weiss sembra rifulgere immediatamente di un fascino speciale, e le canzoni di “Fall Forever” possiedono una personalità ed un inquieto nitore che non possono lasciare indifferenti. 

6
Linda Guilala – Psiconàutica
Il dream pop a colori della band spagnola si muove in paesaggi di riverberi e zucchero, dove il confine tra una canzone e l’altra sfuma, senza perdere mai l’immediatezza melodica che è il marchio di fabbrica di Eva e compagni, ma con l’ambizione di costruire un album di potente suggestione.


5
Frankie Cosmos – Next Thing
Greta Kline (la figlia di Kevin) non è intonatissima e non è una musicista sopraffina, ma non sono in tanti a saper scrivere canzoni come lei. Con un corredo produttivo che più DIY di così non si può, la newyorchese mette in fila una serie di piccoli inni indie pop venati di ironico intimismo e con sorniona nonchalance riesce dove l’anno passato era riuscita Waxahatchee.


4
Flowers – Everybody’s Dying To Meet You
Al secondo album la band londinese conferma di avere una marcia in più rispetto a tanti gruppi che oggi rivificano le radici fine ’80 / primi ‘90 dell’indie pop. Con sobrietà, intelligenza e classe sopraffina Rachel Kenedy e compagni mettono in fila dieci episodi fatti di chitarre ruvide e melodie di limpida dolcezza.


3
Scooterbabe – The Sorrow You’ve Been Toting Around
Un po’ Pavement, un po’ Neutral Milk Hotel, un po’ Buit To Spill, gli Scooterbabe di JJ Posway sembrano (o forse sono) una di quelle band che ritrovi a suonare in garage in una qualsiasi anonima periferia americana. Il loro album d’esordio rivela però, nella sua dimensione totalmente artigianale, una urgenza espressiva, un songwriting complesso, una gioiosa energia ed una capacità pop davvero entusiasmanti.


2
Beverly – The Blue Swell
Il secondo album dei Beverly è il perfetto catalogo indie pop di oggi. Drew Citron e Scott Rosenthal sono l’ennesima reincarnazione dei Jesus And Mary Chain, nutriti di vent’anni di tradizione guitar pop e capaci di spingere a piacimento ora sul pedale dell’immediatezza ora su quello dell’inquietudine in chiaroscuro. E “Crooked Cop” con la sua circolarità jangly è già un classico. 


1
Neleonard – Las Causas Perdidas

Seguendo la lezione dei primi Belle And Sebastian, dei Divine Comedy o dei maestri La Buena Vida, la band catalana è arrivata al suo primo album in forma strepitosa, dando vita a dodici canzoni di preziosa e scintillante bellezza pop, spontanee e raffinatissime al tempo stesso, beatamente al di sopra dei generi. Attorno alle voci quiete di Laura e Nele un morbido e luminoso giardino elettro-acustico, ricco di archi, fiati, sinth e tutto quello che serve per rendere indimenticabile ogni pezzo.